La Cassazione, con la sentenza n. 17352 del 13 luglio 2017, mutando repentinamente il precedente e consolidato proprio orientamento, ha affermato che il contratto di mutuo fondiario è affetto da nullità nel caso in cui esso superi il limite massimo di finanziabilità individuato dall’art. 38 del Testo Unico Bancario (TUB) in combinato disposto con l’art. 1 della Delibera CICR del 22/4/1995, e cioè l’80% del valore dei beni ipotecati (o del costo delle opere da eseguire sugli stessi), elevabile fino al 100%, qualora vengano prestate garanzie integrative. Il principio è stato confermato dalla Cassazione con la più recente sentenza n. 22466 del 24 settembre 2018.
L’art. 38 del Testo Unico Bancario dispone che: “1. Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. 2. La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”. In applicazione di quanto previsto all’art. 38, comma 2, TUB è intervenuta la Delibera CICR del 22 aprile 1995, il cui art. 1 stabilisce: “L’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi. (…) Tale percentuale può essere elevata fino al 100 per cento, qualora vengano prestate garanzie integrative, rappresentate da fideiussioni bancarie e assicurative, polizze di compagnie di assicurazione, cessioni di annualità o contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, fondi di garanzia e da altre idonee garanzie, secondo i criteri previsti dalla Banca d‘Italia”.